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4. ROMANZO STORICO?
I vecchi e i giovani è un romanzo che sfugge ad una
facile collocazione nella produzione pirandelliana, né si
presta ad una rigida definizione di genere, poiché in
esso convergono elementi e strutture riferibili ora al
romanzo storico, ora a quello verista, ora a quello
umoristico, ora a quello di memorie.
E’ un romanzo storico poiché è ambientato in un
contesto storicamente databile tra il 1892-1893; i fatti
raccontati sono realmente accaduti e anche gli stessi
personaggi del romanzo sono perfettamente individuabili in
personaggi storicamente esistiti e spesso legati alla
biografia dell’autore.
I vecchi e ei giovani è, tuttavia, un romanzo
storico “sui generis”, innanzitutto perché Pirandello non
si riferisce ad un tempo lontano da lui, bensì racconta
fatti accaduti appena quindici anni prima della stesura del
romanzo. Lo scarto temporale è così breve che il passato si
compenetra col presente e il romanzo finisce per diventare
anche uno strumento politico e autobiografico. Inoltre, in
un romanzo storico “vicende storiche e condizioni oggettive
dovrebbero determinare in modo prevalente il comportamento
dei personaggi” (Salinari); invece, i protagonisti del
romanzo sembrano legati alla storia solo da un esile filo;
talora si ha quasi l’impressione che siano “estranei” alla
realtà che li circonda; i loro drammi, le angosce, il senso
di vuoto e di decadenza, solo relativamente sono determinati
da ragioni storiche, in realtà hanno radici ben più
profonde, esistenziali.
È un romanzo politico perché l’autore denuncia con
amarezza il fallimento del Risorgimento, dell’ unità
d’Italia, dei Fasci Siciliani. Pirandello affronta il
problema della questione meridionale, perché conosce a
fondo i drammi di quella Sicilia arretrata e sfruttata come
una terra di conquista ed ha l’amara consapevolezza
dell’impossibilità che “un movimento serio possa avvenire in
Sicilia”.
È un romanzo che sembra accogliere le istanze del verismo
quando Pirandello descrive, per esempio, i carusi delle
zolfare e gli uomini della “marina” di Porto Empedocle e le
loro difficili condizioni di vita. Due appaiono le
componenti prevalenti nella narrazione: da un lato la
componente storica, il crollo degli ideali politici,
dall’altro i dubbi, le angosce dei personaggi pirandelliani
che appartengono a due generazioni, i vecchi e i giovani. I
primi sono responsabili, in parte, della caduta degli ideali
del Risorgimento e vi assistono impotenti, e svuotati; i
secondi tentano di reagire al fallimento di un sogno, alla
corruzione dilagante, ma sono costretti a soccombere di
fronte al degrado morale, alla tenace difesa di interessi
privati, e soprattutto alla “bancarotta del patriottismo”.
L’autore agrigentino mette a nudo l’ipocrisia di una
borghesia che ormai non crede più nei valori che l’hanno
fatta emergere, e questo è quello che Pirandello chiama “il
gioco delle parti”, che è pura apparenza. I personaggi si
creano un’illusione, che trattano come realtà, mettono una
maschera che sfoggiano davanti a tutti per ingannare gli
altri, ma gli unici illusi rimangono essi stessi. Si può
parlare dunque anche di romanzo “delle illusioni” o
“umoristico”, in cui tragico e comico si fondono
indissolubilmente, dove l’arte (che Pirandello chiama
Umorismo) “fondata sul sentimento del contrario
scopre il gioco delle illusioni…che ci consentono di
attribuire una logica agli avvenimenti della nostra vita e
della nostra storia” (Salinari). È così per Lando
Laurentano, sostenitore dei Fasci, che presto scoprirà vani
i suoi ideali politici di cambiamento; è cosi per Nicoletta
Spoto: “Florida, snella, procacissima, ardente negli occhi e
nelle labbra, spirava dalle segrete sapienti cure della
persona un profumo voluttuoso, inebriante”, che nasconde
dietro la maschera della bellezza un matrimonio privo di
amore per cui bisognava “Vivere insieme, senza scandalo per
gli altri, senza troppo disgusto per sé”. I veri sentimenti,
quelli nobili, non esistono più, perché sono stati traditi
in nome del denaro e del potere.
E’ il romanzo dei luoghi e delle memorie dove
Pirandello descrive il dramma della provincia agrigentina e
dei suoi personaggi. Agrigento diventa sfondo ed emblema del
malessere delle due generazioni, “ultima provincia d’
Italia, con il suo entroterra agricolo e minerario, con la
sua marina, e gli “spettri” di un altro mondo e di ben altra
vita nascosti nella valle sottostante”.
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